PERCORSO DEI PORTICI E STRADE
Camminando per il Centro Storico di Spilamberto non si può fare a meno di
notare i portici che caratterizzano molte contrade. Queste architetture tipiche
emiliane un tempo erano numericamente maggiori: ce lo confermano testimonianze
scritte archivistiche e le tante tracce delle arcate (ormai chiuse) che si individuano
ancora oggi sui muri degli edifici più antichi. I portici erano, e sono, una soluzione
comodissima per rapporti commerciali e aspetti socializzanti. Fino a qualche anno fa,
sotto le loro arcate ci si trovava per lavorare insieme, chiacchierare di giorno e di
sera, seduti su basse sedie impagliate.
Questi loggiati spesso venivano identificati con i nomi delle persone o delle famiglie
che vi abitavano, oppure con le attività che ospitavano, come quelle dei birocciai,
lavoratori che trasportavano ghiaia dal vicino fiume Panaro con il loro carri trainati da
cavalli. Un detto spilambertese cita: “piove, nevica, tempesta, sotto il portico c’è
sempre festa”.
Via San Carlo
Dedicata a San Carlo Borromeo, era anticamente chiamata Contrada San Giovanni,
perché fino al XVIII secolo, prima che la Chiesa di San Giovanni venisse ricostruita, su
questa via si affacciava l’ingresso principale dell’importante edificio religioso.
Era abitata prevalentemente da birocciai (carrettieri) di cui, nel lato tutto a porticato,
sono ancora visibili le tipiche abitazioni costituite dalla stalla per il cavallo o per il mulo
a piano terra e dall’abitazione al primo piano. Sul lato opposto, la via è
prevalentemente occupata dalla Chiesa di San Giovanni Battista e dagli edifici ad essa
connessi; in successione sono visibili cortili, giardinetti e un vecchio edificio che ospitò
l’asilo infantile dalla seconda metà del sec. XIX.
Via Giuseppe Obici
Anticamente chiamata Contrada dei Levizzani, è tra le vie più caratteristiche del
Centro Storico di Spilamberto. Anche qui, sotto i portici, si aprivano le porte e le
finestre delle abitazioni dei birocciai, che con i loro carri trainati da cavalli
trasportavano la ghiaia dal vicino fiume Panaro. Caratteristiche sono le “canole”
(vicolo Fabrizio De Andrè), intrigo di stradine che collegano la contrada alla
retrostante via Giuseppe Maria Savani. In questi angusti spazi un tempo si
dipanavano le canalette che servivano per raccogliere le acque di scolo a cielo aperto
delle abitazioni.
Nel 1807 vi nacque Giuseppe Obici, illustre scultore spilambertese di cui si conservano
varie opere in diverse città italiane e nella stessa Spilamberto; tra le sue produzioni
più note la statua dell’Immacolata in Piazza di Spagna e il San Giovanni Battista nella
chiesa di Santa Maria Sopra Minerva a Roma. A cinque anni dalla sua morte, avvenuta
nel 1878, la Società di Mutuo Soccorso di Spilamberto pose una lapide a ricordo sulla
facciata della casa natale, mentre l’Amministrazione Comunale gli dedicò la via.
Sempre in questa contrada nacquero: nel 1868, Giuseppe Sgallari, musicista,
compositore, insegnante e direttore d’orchestra a livello europeo; nel 1905, Roberto
Preti, ultimo discendente di una antica famiglia modenese di burattinai.
Di entrambi sono state poste recentemente due lapidi a ricordo.
Via Santa Maria
Questa via, tra le più antiche del Centro Storico, ha mantenuto fino agli anni
Sessanta del secolo scorso l’acciottolato di fiume caratteristico e recentemente
ripristinato. Sale dolcemente verso sud, a testimoniare l’esistenza della massicciata
delle mura di cinta medievali. È fiancheggiata da edifici importanti fra cui il lato sud-
ovest dell’Antico Palazzo Rangoni. Procedendo si può ammirare la suggestiva casa,
interamente coperta da rampicanti, Monteremici/Tacconi, ora abitata da una
discendente di quest’ultima antica famiglia spilambertese, nota per i suoi artisti,
ebanisti e restauratori. Continuando il percorso si incontra l’antica Chiesa di Santa
Maria degli Angeli con annesso ospedale, le cui primitive strutture risalgono al sec.
XV. In fase di restauro la chiesa diventerà sede della “Casa della cultura e delle arti”.
Nel passato, questa via era detta la Contrada del sasso o dei matti perché abitata da
personaggi estrosi, influenzati, si dice, da un masso di arenaria che si affermava
avesse poteri magici. In realtà i suoi abitanti erano semplicemente gente molto
povera che con arte ed ingegno doveva procurarsi di che vivere.
Corso Umberto I
Per gli Spilambertesi questa contrada viene identificata, per tradizione atavica, come
“la piazza”; si estende da ovest a est, cioè dal Torrione all’incrocio con via San
Giovanni/Sant’Adriano, rinomato luogo chiamato le Quattro arie.
Questo spazio è considerato il vero centro del paese e ai suoi lati, in passato
interamente occupati da portici, è ubicato l’Antico Palazzo Rangoni, con l’ampio
portico del “Pavaglione”, per gli Spilambertesi detto “di Bondi”, dal nome di una
famiglia che lo ha abitato e sotto cui ha tenuto bottega. Sul lato opposto, in angolo
con via San Carlo, si trova la casa detta “del diavolo”, dalla forma dei mascheroni che
coprono il punto di innesto tra le grondaie ed il cornicione del tetto. Il suo
sottostante portico prosegue fino all’incrocio con piazza Caduti Libertà, dove sorge
l’attuale Municipio, costruito negli anni Trenta secondo lo stile architettonico del
Ventennio fascista.
La mole del Torrione medievale troneggia su tutto il corso e al suo piano terra ospita
il Museo Antiquarium di Spilamberto.
L’adiacente slargo, un tempo chiamato piazza del Teatro, è il punto di ritrovo per
chiacchiere quotidiane di molti spilambertesi, come pure le menzionate Quattro arie.